Inflazione o deflazione?
Un tema che, da quando è iniziata questa crisi,
si ripropone spesso è il seguente: “Cosa ci
aspetterà prossimamente, una sorta di deflazione
che accompagnerà una “soft depression” come
quella che ha sperimentato, praticamente quasi
senza sosta, il Giappone a partire dagli anni ’80,
oppure avremo davanti anni di inflazione sostenuta?
Entrambi le visioni hanno la loro ragione di essere
e diversi analisti, economisti e blogger macroeconomici e
finanziari (la cui qualità è spesso superiore alle
opinioni degli addetti ai lavori) sono piuttosto divisi
sull’argomento.
Anche nel nostro paese, due blog che vanno per
la maggiore e che seguo spesso sono divisi sulla
questione.
Icebergfinanza di Mazzalai vede più probabile
una deflazione in stile giapponese. Mercato Libero
invece si aspetta inflazione.
Un altro sito che spesso ha anticipato gli eventi
ormai dai primi anni 2000, Usemlab, prevede
ugualmente inflazione.
Coloro che prevedono una deflazione si immaginano
una replica di quanto è avvenuto in Giappone dopo
l’esplosione della bolla borsistica ed immobiliare.
La progressiva distruzione degli aggregati monetari
dopo la bolla ha generato una moderata deflazione
dei prezzi nel Paese del Sol Levante e una crescita
economica praticamente asfittica. Tutti gli interventi
della Banca Centrale giapponese per stimolare la
ripresa economica e spezzare la spirale “bassa
crescita + deflazione dei prezzi” non hanno sortito
grandi effetti.
Chi, invece, si aspetta inflazione, prevede che prima
o poi lo stimolo monetario delle Banche Centrali (e della
FED in particolare) inizi ad entrare in circolo nell’economia
reale, favorendo la ripresa della crescita economica e
dei prezzi (dei beni e degli asset).
Personalmente, sposo la seconda ipotesi, anche se la
prima ha assolutamente la sua dignità e non è affatto
remota, tanto che dovremo comunque seguire bene
l’evolversi della situazione.
Ci sono alcuni motivi per cui la seconda ipotesi mi
sembra più plausibile.
In primo luogo, non è immediato paragonare un singolo
paese di qualche centinaia di milioni di abitanti con
l’intera economia mondiale. L’espansione monetaria
attuata in Giappone si è, in parte, diretta all’estero per
finanziare operazioni speculative. Lo Yen è stata la
valuta di indebitamento di base per alimentare il carry
trade ed altre operazioni speculative. L’espansione monetaria
coordinata delle varie Banche Centrali mondiali, invece, in
qualche modo deve riversarsi nell’economia e/o negli
investimenti finanziari.
Consideriamo inoltre la fondamentale differenza tra il
Giappone e molti altri paesi occidentali (USA in primis,
ma anche diversi paesi dell’Europa). Il Giappone come
paese è un creditore netto verso l’estero (non a caso
detiene una grande quantità di titoli del tesoro americano),
è un grande esportatore e la sua popolazione è
poco indebitata e detiene invece una grossa quantità
di risparmio. In questa situazione, una deflazione
moderata non compromette eccessivamente lo standard
di vita del paese.
Il caso del mondo occidentale è ben diverso. Qui, molti paesi
sono debitori netti, sono importatori e i cittadini sono molto
indebitati. In paesi che, come l’Italia, hanno un’elevata
patrimonializzazione dei privati, è lo stato ad essere molto
indebitato. Nel mondo occidentale, l’inflazione è fondamentale
per rendere più sostenibile il debito (pubblico o privato). Una
deflazione potrebbe essere benvenuta per il lungo
periodo (chi non vorrebbe prezzi moderatamente in discesa),
ma nell’immediato avrebbe effetti devastanti e per alcuni
paesi potrebbe essere insostenibile.
Faccio onestamente fatica a pensare alle conseguenze
della deflazione in USA, dove il cittadino medio è pieno
di debiti. E in Italia, dove per il privato una deflazione
non sarebbe da buttare, essa avrebbe effetti devastanti
nelle finanze pubbliche e in molte imprese private basate
sul debito.
In altri termini, nel mondo occidentale la deflazione è un
nemico per il gruppo dirigente e nessun politico o
governatore di Banca Centrale accetterebbe la deflazione
senza battere ciglio. Un conto è avere l’obiettivo di un’inflazione
moderata al 2% (che non è deflazione, perché in 10 anni si porta
via il 20% del potere d’acquisto), un conto è accettare la
deflazione. Non a caso, anche nei giorni peggiori di questa crisi
abbiamo solo visto il rallentamento dell’inflazione, ma di
deflazione non abbiamo avuto traccia.
Nel mondo occidentale, ormai dalla Grande Depressione
il fenomeno deflattivo è praticamente sconosciuto. E
teniamo presente che allora eravamo in Gold Standard.
Da quando è venuto meno il Gold Standard, la deflazione
dei prezzi ha cessato di esistere. Ovviamente, nulla esclude
che questa volta sia diverso, ma personalmente ritengo
più saggio iniziare a prepararsi alla ripresa dell’inflazione
piuttosto che ad uno scenario di persistente deflazione.