Quanto sono efficienti i mercati?

Da sempre, il tema dell’efficienza del mercato è molto dibattuto,
poiché da questo dipende la possibilità o meno di battere il
mercato in modo continuativo.

Semplificando, ci sono due visioni opposte sulla questione. La
prima è quella della “Teoria dei Mercati Efficienti” che propugna,
come dice il nome, il concetto che le notizie e le informazioni
sono tutte già scontate nei prezzi e quindi è impossibile battere
il mercato. La seconda, partendo dall’evidenza empirica che ci
sono soggetti che hanno fatto continuamente meglio degli indici
(Buffett, Lynch, Templeton, ecc…), ritengono invece che il
mercato abbia delle inefficienze che possono essere sfruttate.

Oggi vediamo l’impostazione della Prima, “Teoria dei Mercati Efficienti”
e poi esprimerò la mia idea sulla questione e come un investitore puo’
comportarsi concretamente.

In base a questa teoria, si pensa che il mercato sia talmente efficiente
da essere in grado di riflettere in ogni istante tutte le informazioni note
e scontare tutte le attese future sulla base delle informazioni attualmente
disponibili. Dato ciò, si ritiene impossibile estrarre extra-rendimenti
dal mercato in modo consistente e continuativo dalla selezione
titoli o dal market timing. Se anche un sistema funzionasse in un dato
momento e per un certo periodo, presto questo sarà seguito anche da
molti altri operatori e il suo impiego di massa finirà per fargli perdere
efficacia. Questo è quanto è successo, in passato, alla Dow Theory o
alla strategia “Dogs of the Dow”. Hanno funzionato bene per un lungo
periodo, ma quando sono state poi seguite sempre da più operatori
hanno perso efficacia.

Uno dei massimi sostenitori di questa teoria è Burton Malkiel,
professore di economia e finanza a Princeton ed ex-dirigente,
per 28 anni, del gruppo Vanguard, uno dei più importanti gestori
di fondi comuni “no-load” o indicizzati (fondi simili agli ETF,
cioè a gestione passiva).

Nella sua opera “monumentale” “A Random Walk down Wall Street”,
Malkiel dedica centinaia di pagine a sostenere l’ipotesi dell’efficienza
dei mercati. Presenta argomenti ed evidenze storiche sui mercati, direi
anche molto convincenti, che portano a smontare l’importanza dell’analisi
tecnica e di quella fondamentale

La sua conclusione è che non sia possibile estrarre un eccessivo
extra-rendimento dai mercati al netto di oneri e commissioni e che,
quindi, l’investitore ordinario (ma anche quello professionale) dovrebbe
semplicemente acquistare un fondo indicizzato (o un ETF) che copra
il mercato (o un gruppo di fondi che coprano uno spettro ampio di
mercati all’interno di un’asset allocation) e detenerlo per sempre.

Ci saranno alti e bassi, rialzi e ribassi, ma alla fine, nel lungo
termine, si otterrà una performance legata alla redditività
delle società che sono dentro l’indice e poiché queste sono
generalmente grandi società, sarà comunque una performance
soddisfacente.

Ora, quello che io penso è che questa teoria sia forse un po’
estrema. Circola addirittura una barzelletta secondo cui un professore
sostenitore della teoria dice ai suoi studenti che se trovano 20 dollari
per terra, non dovrebbero perdere tempo a raccoglierli, perché sicuramente
sono falsi. Se così non fosse, qualcun altro li avrebbe già raccolti.

La mia idea è che se si trovano 20 dollari per terra si possono
tranquillamente raccogliere, perché a volte capita che siano veri.
Tuttavia, non è facile trovare 20 dollari per terra. Tradotto, i mercati
non sono perfettamente efficienti, ma sono comunque molto efficienti.

In base a questo, credo che non sia il caso di fare un market timing
sostenuto, con operazioni della durata di qualche giorno o settimana.

Partendo da questa base, ci sono poi alcuni indicatori (sempre di lungo
periodo) che possono aiutarci però a capire quando è meglio stare fuori
da un certo mercato o comunque non esservi troppo esposti e quando,
invece, si puo’ stare investiti con una certa sicurezza.

Questi indicatori sono indicatori di trend. Ne esistono diversi e quello
che preferisco seguire è la media mobile a 10 mesi. La media a 10 mesi
si è dimostrata, storicamente, un buon indicatore che permette di star
fuori durante i “Bear Market” più duri, mentre si è investiti quando i
mercati salgono.

Questo di per se non è affatto poco. Tuttavia, anche questa media,
sebbene molto utile e sebbene ritengo debba essere guardata con
grande attenzione e considerata alla stregua di una “stella polare”
per le proprie decisioni di investimento, non è perfetta ed in una
prossima edizione vedremo il perché.

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